MUSEO
DELL'OLIO
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A
questo prezioso nettare mediterraneo, insostituibile ingrediente
culinario, ma anche balsamo, simbolo di purificazione nelle credenze
popolari e fonte di luce in passato, monumento ed inno alla pertinace
laboriosità dei contadini iblei, è dedicato il MUSEO
DELL'OLIO realizzato con caparbia volontà in pochissimi
mesi.
Allocato
nei bassi del tardo barocco Palazzo Montesano, grazie ad una fedele
ricostruzione curata dal restauratore Nicolino Armenti, chiaramontano
d'adozione, in stretta collaborazione con l'appassionato ed intenditore
Giuseppe Bracchitta, il museo offre alla vista dei visitatori una
splendida pressa in legno che reca incisa la data 1614.
Gli
utensili esposti a corredo, in gran parte donati spontaneamente
da privati, sono stati selezionati e reperiti grazie anche al contributo
verbale delle persone anziane che con i loro racconti, sull'impercettibile
filo del ricordo, hanno fatto rivivere riti ed usanze che si perdono
nella notte dei tempi.
Non
sfuggano le due mezze zucche vuote dal nome impronunciabile usate
per raccogliere l'olio giacché, secondo la saggezza antica,
nulla andava sprecato.
Dirimpetto
alla pressa seicentesca una pressa del 1800, "U cuonzu"
dove si pressava la pasta di oliva appena tolta dalla mola.
Nell'altra
sala campeggia fiera una macina in pietra, anch'essa ottocentesca,
"A mola" strappata a sicura rovina per l'assoluto abbandono
in cui versava nel trappeto di Contrada Ponte e restaurata senza
forzature di sorta.
Pregevole
la cucina a legna ricostruita con tanto di piastrelle e forno "a
campana". Immancabili e non a caso posti in bella mostra le
suppellettili: "a buffetta", "a crirenza", "u
lemmu", i piatti in ceramica di Caltagirone, i canestri.
Adiacenti,
anch'essi fedelmente ricostruiti secondo un iter logico, la camera
del fattore, con appeso al muro "u nierbu", sorta di frustino
di budella d'animale intrecciate, ad uso prevalentemente intimidatorio,
e "a tuccena" un prototipo di giaciglio poverissimo fatto
di frasche.
Segue
una bella esposizione di giare di varie dimensioni, smaltate internamente
per evitare che trasudassero, e di "stipa", contenitori
in terracotta per la conservazione di olive, strutto e soppressate,
oltre a svariati utensili agricoli.
Ai
muri, bellissime, le foto in bianco e nero dei millenari ulivi saraceni
che necessiterebbero decisamente di tutela e valorizzazione.
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