ASPETTI
STORICI
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Il
carrubo è una pianta conosciuta da tempi remoti. Le prime
testimonianze si trovano nei documenti di Teofrasto e di Strabone
e di scrittori naturalisti come: Columella e Plinio il Vecchio.
Nei Vangeli di Matteo e di Marco si legge che Giovanni il Battista
si nutriva nel deserto di ” locuste di miele selvatico ”.Il
termine locuste starebbe ad indicare proprio le carrube, tant’è
che in vari paesi dell’Europa settentrionale, e soprattutto
in Gran Bretagna, questo prodotto è noto con il nome di ”
pane di S. Giovanni ”. In Inghilterra sono diffuse le espressioni:
”St. John’s tree” o ”St.John’s bread”.
Da queste testimonianze si può ipotizzare che fin dalle origini
il carrubo sia stato un albero tipico della macchia mediterranea,
ma non è possibile stabilire con esattezza il suo luogo di
origine, questione, che ad avviso del Castro, è destinata
a rimanere insoluta. Alcuni studiosi lo ritengono originario dell’Asia
Minore o della Siria, altri ne pongono le origini in Egitto; il
Gussone e il Bianca lo credono originario della Sicilia. Per altri
il carrubo esisteva come albero spontaneo nelle terre del bacino
orientale del Mediterraneo, ma la sua coltivazione ebbe inizio soltanto
nei tempi storici: i Greci la estesero in Sicilia, ma gli Arabi
ne intensificarono la coltivazione e la propagarono fino al Marocco
e alla Spagna. Per altri ancora 1a diffusione del carrubo in Sicilia
fu dovuta ai Fenici, che della Sicilia furono i colonizzatori più
antichi. I Fenici avrebbero trovato nelle carrube quasi un sostitutivo
dei datteri. Essi tenevano vivo il culto degli alberi, che soffrono
la siccità estiva e conservano nel sottosuolo riserve persistenti
di umidità. Il carrubo per le sue caratteristiche fu indubbiamente
uno degli alberi più apprezzati dai Fenici e dai Cartaginesi
.Lo Hehn riferisce che. il carrubo nell’Asia Minore e nella
Sicilia era oggetto di venerazione, da parte dei normanni musulmani
e dei cristiani e aggiunge il particolare che fosse sacro a S. Giorgio,
infatti si incontrano in quei territori parecchi tabernacoli riparati
all’ombra dei suoi rami. Ne! Medioevo furono gli Arabi a interessarsi
del carrubo, usavano il seme del carrubo per pesare i metalli preziosi,
stimando il peso di un carato di carruba al valore di 4 grani. In
Tunisia ancora oggi e in Algeria viene usata una moneta detta ”Kharrubah”.
Verso la fine del Medioevo il carrubo era coltivato in tutte le
terre del Mediterraneo compatibili con la sua coltura, il suo Frutto,
noto a tutte le popolazioni cristiane d’Europa, era già
utilizzato, per la preparazione di prodotti medicinali e di dolci.
Ad accrescere la diffusione del carrubo contribuirono le crociate
e le migrazioni dei Normanni, pellegrinaggi dei cristiani, ma soprattutto
i rapporti commerciali tra 1’Oriente e 1’Occidente,
mantenuti vivi ad opera delle repubbliche marinare. Nella seconda
metà del settecento interessanti notizie vengono fornite
sulla coltura del carrubo tra le zone di maggiore produzione i territori
di Modica, Ragusa, Comiso, Scicli, Noto e Avola. A quel tempo la
produzione siciliana era valutata in 60 mila ”cantari”
l’anno, dei quali 40 mila venivano esportati attraverso i
porti di Augusta, Siracusa, Noto e Scoglitti; le carrube non esportate
erano utilizzate come alimento per il bestiame e per la povera gente,
oltre che per usi medicinali.
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